Il paliotto d’altare in argento è certamente un capolavoro della Cappella del Tesoro per la realizzazione del quale, nel 1683, viene indetta una gara alla quale concorrono ben quattordici candidati, che presentano altrettanti disegni. I due progetti selezionati dalla Deputazione sono affidati agli argentieri Gian Domenico Vinaccia, Francesco d’Angelo e Gennaro Monte, mentre a Domenico Marinelli è allogato il modello in cera a grandezza naturale. I lavori si interrompono a causa della mancanza di fondi per l’esorbitante prezzo dell’argento e solo nel 1692 l’idea si riprende affidando a Lorenzo Vaccaro l’esecuzione per ben 2000 ducati. La questione economica diventa a questo punto il perno della bilancia e Vinaccia rilancia con la proposta di eseguire l’opera per 1700 ducati e scende fino a 1500 per aggiudicarsi il lavoro. Una commissione composta da Pietro del Po’, Andrea Malinconico e Domenico Viola approva la scena centrale del Vinaccia. L’argentiere muore nel 1695 avendo portato l’opera a compimento pur tra grandi difficoltà economiche, non risultando sufficienti i 1.500 ducati. La tradizione vuole che il suddetto si sia autoritratto nell’uomo con gli occhiali nel paliotto. La scena, articolata in tre parti rappresenta la Decollazione di San Gennaro, la Traslazione delle ossa da Montevergine a Napoli con la figura del cardinale Alessandro Carafa a cavallo che tiene in mano la cassetta delle reliquie mentre sconfigge ai suoi piedi l’eresia, in ultimo, sulla destra, la Raccolta del sangue del martire da parte di una pia donna.