La Cappella del Tesoro di San Gennaro: Una Galleria d'Arte

La Cappella del Tesoro è da considerare una vera e propria galleria d’arte per l’architettura stessa della cappella, per il cancello e per il pavimento disegnati da Cosimo Fanzago, per i marmi pregiati, per le sculture, per gli argenti lavorati e per la gran quantità di pitture e di affreschi di celebri pittori.

read more

La Cappella del Tesoro

cappella

La Cappella del Tesoro, all’interno del Duomo, oltre a custodire le reliquie ed il sangue di San Gennaro ed è uno dei gioielli universali dell’arte, ricca di marmi, affreschi, dipinti e altre opere d’arte dei migliori artisti dell’epoca è sicuramente  uno dei monumenti più importanti del barocco napoletano seicentesco, per l’insieme di decorazioni che videro la partecipazione di artisti di eccezionale levatura.

Negli anni 1526 e 1527 la città di Napoli subiva contemporaneamente tre flagelli: la guerra tra Spagna e Francia, la peste e l’eruzione del Vesuvio.

Per questi tragici avvenimenti, il popolo di Napoli il 13 gennaio 1527, nell’anniversario della traslazione delle ossa di S.Gennaro da Montevergine a Napoli, implorò la protezione del santo patrono formulando il voto solenne di erigergli una nuova e più ampia Cappella del Tesoro nel duomo. Quella precedente, infatti, situata nella torre esistente sulla sinistra della facciata del duomo, era troppo angusta e vi si accedeva attraverso una disagevole e stretta scala. La Cappella del tesoro, quindi, progettata dall’architetto teatino Francesco Grimaldi, fu inaugurata il 16 dicembre 1646 e nello stesso giorno furono trasferite nella nuova Cappella le reliquie del santo, le statue d’argento e le preziose suppellettili già presenti nel Tesoro vecchio.

Il Reliquario del Sangue di San Gennaro

Reliquiario del sangue (part.)

La storia del Reliquiario del Sangue di San Gennaro, dove da sempre è esposta la teca con le ampolle del sangue di San Gennaro nelle tre date dei miracoli, è abbastanza controversa poiché non tutte le fonti storiche concordano sulla data di realizzazione: secondo alcuni risale agli inizi del Milletrecento, commissionato dal re Carlo II d’Angiò, secondo altri, alla metà del Seicento. E’ certo, comunque, che la base ed il decoro superiore sono successivi al corpo centrale, di fattura e gusto gotico, costituito da un’edicola cuspidata sostenuta da leoncini dove è collocata la piccola statua del Santo assiso in cattedra con la mitra e il pastorale.

Realizzato interamente in oro, con la base ed il decoro in argento, il reliquiario è stato arricchito nel 1676 da altri elementi progettati da Gian Domenico Vinaccia che eseguì i contropilastri della parte inferiore, e la copertura con una lastra fortemente sgusciata lungo il perimetro, le due statuine con i santi vescovi, l’incastonatura del grande smeraldo, le quattro vittorie alate sulle arcate dei prospetti principali, le due “imprese della città” e le due testine d’angelo sui laterali. incorporate in due colonnine.

Il Maestoso Cancello

Il cancello di Cosimo Fanzago è un cancello in ottone eseguito nel 1665 da Cosimo Fanzago che funge da ingresso alla reale cappella del tesoro di San Gennaro, interna al duomo di Napoli.

L'architettura, del peso di 30136 libre,[1] vede ai lati due statue di marmo databili al 1640 circa, San Pietro e San Paolo, dello scultore carrarese Giuliano Finelli.

Per la realizzazione del cancello in ottone e bronzo ci sono voluti circa quarant'anni da quando lo stesso fu progettato a quando fu completato.

Il Cancello è da equipararsi ad una scala tonale, battendo con una moneta le sue canne si sentono le note musicali.

Le Vicende di San Gennaro

Il fatto che portò alla consacrazione episcopale di Gennaro sarebbe avvenuto all'inizio del IV secolo, durante la persecuzione dei cristiani da parte dell'imperatore Diocleziano.

San Gennaro era il vescovo di Benevento e si recò insieme al lettore Desiderio e al diacono Festo in visita ai fedeli a Pozzuoli. Il diacono di Miseno Sossio - già amico di Gennaro che lo era venuto a trovare in passato a Miseno per discutere di fede e leggi divine - volendo recarsi ad assistere alla visita pastorale, fu invece arrestato lungo la strada per ordine del persecutore Dragonzio, governatore della Campania.

Leggende o fatti?

Circa le vicende, complicatissime, che accompagnarono la decorazione della cappella esistono molte leggende, l’una più avvincente, più sconcertante e più incredibile dell’altra.

La deputazione aveva stabilito che ad eseguire i dipinti e gli affreschi dovessero essere pittori non napoletani: lo scopo forse, era proprio quello di non far accapigliare gli artisti partenopei, oltre che quello di avvalersi dei migliori talenti esistenti in Europa; ma il risultato fu quello che si verificò un’autentica rivolta degli artisti napoletani e non mancarono atti di violenza.

Fu una lunga e drammatica vicenda che mise gli uni contro gli altri i pittori napoletani e quelli forestieri, chiamati dalla deputazione.

Si innescò un meccanismo di minacce e persecuzioni che arrivò alle tinte fosche: il cavalier d'Arpino rinuncia, nonostante un cospicuo acconto in ducati, Guido Reni lascia precipitosamente Napoli dopo l'accoltellamento di un suo aiutante, fugge anche il pittore bolognese Francesco Gessi. Rinuncia pure il Domenichino, dopo una lettera di minacce, ma la deputazione insiste e gli offre protezione. Domenichino arriva, comincia a lavorare, ma scappa pure lui. Lo scovano a Frascati, lo convincono a tornare. Il pittore, tra una nuova fuga e l'altra, riesce a finire numerosi splendidi lavori. Il pittore viene festeggiato e incitato a proseguire nel suo lavoro quand’ecco che, il 6 aprile 1641, mentre sta iniziando un nuovo affresco nella Cappella del Tesoro, improvvisamente muore.  Avvelenato, sussurra una voce popolare. Poi lavorò Giovanni Lanfranco, anche lui minacciato e lavorarono anche i napoletani Luca Giordano e Massimo Stanzione e quel Giuseppe Ribera, il tenebroso "Spagnoletto", da molti considerato l'autore di molte di quelle minacce e azioni minatorie.